Cosa farai da grande?

C’è una domanda tipica che gli adulti rivolgono ai bambini, è: “Cosa farai da grande?”. Spesso a porla sono persone del tutto estranee al contesto famigliare, oppure lontani parenti o conoscenti, talvolta sono gli stessi genitori curiosi che un po’ per gioco, senza dare troppo peso alla risposta, lo chiedono ai figli.

“Cosa farai da grande” è una domanda che mi interroga, mi chiedo se non sia meglio chiedere: “come servirai da grande?”.
Facile dire che posta così non “suona bene”, che il verbo servire evoca schiavitù e umiliazione, sembra togliere dignità al soggetto, per metterlo in un regime di sudditanza verso qualcosa o qualcuno. Un atto di lesa maestà alla libertà individuale, un tarpare le ali alle aspirazioni personali.

Se analizzassimo e prendessimo sul serio le risposte dei bambini scopriremmo che la maggioranza dei maschietti oggi vorrebbe fare il calciatore, che un buon numero vorrebbe fare l’influncer, che è aspirazione di ambo i sessi, qualcuno ancora l’attore o il cantante e poco altro.
La società del futuro che i bambini evocano sarebbe costituita da poche e ben remunerate professioni, in grado di soddisfare le aspettative personali.
“Farò il calciatore o il cantante perché così facendo avrò tantissimi soldi e sarò libero di acquistare ciò che voglio”, questa una tipica risposta.

Va da sé che gli adulti non prendano molto sul serio queste risposte, ma forse si è posta in origine una domanda poco interessante, poco lungimirante.

L’articolo quattro della costituzione italiana afferma che ogni cittadino ha il dovere di contribuire al progresso materiale o spirituale della società.
Forse si dovrebbe ripartire da qui, da questa prospettiva di servizio alla società, quindi: “come servirai da grande?”, “quale sarà il tuo personale e originale contributo al progresso della società in cui sei inserito?”.
Domanda certamente più complessa, che chiede un lavoro di discernimento non indifferente, ma che mi sembra rimetta le cose nella giusta prospettiva: l’individuo a servizio della comunità.

Domanda difficile per dei bambini? Sì ma necessaria.
Gianni Rodari afferma, in una breve ma efficace poesia, che è proprio ai bambini che dobbiamo chiedere le cose difficili. Ne va del nostro futuro, ne va della Libertà.

È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo
mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.

Gianni Rodari.


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