Pensieri pasquali

Il calendario suggerisce l’idea di occuparmi del tema pasquale, lo faccio allungando le mani dentro l’archivio digitale in cui conservo i pensieri e le riflessioni che sovente riverso in questo blog.
Digitando nel campo “cerca” la parola: Pasqua, magicamente riaffiorano scritti che coprono un arco temporale di sei anni.

In marzo 2018 appuntavo:

Se la Pasqua è solo un inciampo,
un giorno vuoto sul calendario
che asciuga la tasca e ingrassa la cassa
di chi come me sfrutta ogni santa:
qui c'è l'affare e l'affare è da fare.

Se la Pasqua è solo un pretesto
per un augurio falso e modesto,
per donarci un abbraccio che,
nell'acido di un latente e diffuso livore,
scioglieremo con piacere stante la prima buona occasione.

Se la Pasqua è l'ennesima chance 
per mettere in croce un altro ladrone,
reo di appropriarsi di tutto quello che noi,
incoscienti e felici, gli abbiamo in molti casi sottratto:
protezione, educazione, formazione.

Allora Cristo, fra conigli e colombe,
fra pack di sorprese appiccicose e rotonde,
dicevo Cristo seppur sbiadito e scipito, ma non vinto,
Cristo tu che sei il Cristo anche questa volta,
come quella volta, insisto e ti invito:
nel nome del Padre, risorgi dall'abisso.

E poi uno scritto di febbraio dello stesso anno, a commento del cammino di Quaresima:

(…) Mi sembra che la figura del contadino dica bene della “vera umanità”, della “grande poesia”, di questo mescolarsi di fatica e soddisfazione, di sofferenza e redenzione, proprio dell’esperienza umana.
La mietitura è il punto di arrivo di un percorso lungo e faticoso che chiede di preparare il terreno, di seminare, di irrigarlo se necessario, di proteggerlo per poi appunto raccoglierne i frutti.
La mietitura è l'atto finale ed è una festa, dice della gioia di poter mangiare, di saziarsi ed è facile accostarla per significato alla festa Pasquale in cui Cristo si dà da mangiare ai discepoli e a noi.
Ovviamente per giungere alla Pasqua bisogna mettersi in cammino, questo cammino si chiama quaresima, la quaresima è quindi quel tempo faticoso che ci prepara alla mietitura.
Faticoso perché fatto di rinunce, in vista di un bene maggiore.
Non sempre è facile capire a cosa si deve rinunciare, su quale aspetto della nostra vita si debba “fare quaresima”, in particolare modo in un tempo, come quello attuale, in cui è naturale, possibile e normale, soddisfare ogni desiderio.
Allo stesso modo non è più così chiaro quale sia quel bene maggiore da raggiungere e da tutelare.
Verrebbe da dire che era più facile (anche se durissima) la vita del contadino, ordinata e normata, scandita da riti obbligatori da svolgersi in tempi certi, quasi liturgici.

C'è una preghiera antica, il Salmo 125, che recita in uno dei suoi versetti:
"Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo. Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni."
Lavorare la terra, seminare costa fatica, una fatica che addirittura chiama lacrime, ma ogni fatica ha la sua ricompensa, per i credenti è Cristo la gioiosa ricompensa, il Dio incredibile che sfama e prende dimora dentro l’uomo, per donarci tutta la sua forza. A Lui “Pane Vivo” guardiamo, a Lui ricorriamo.

Nell’aprile dell’anno precedente vergavo:

Sono la morte, sono la sorte,
sono venuta a porgerti un dono,
con le spine di rovo incorono il tuo sogno
ad un trono di legno nudo ti inchiodo.

Io sono la risurrezione, io sono la vita,
nella sua multiforme declinazione.
Io sono colui che si plasma,
nel fondo del fondo del sepolcro
come Lazzaro mi penserai morto,
ma io sono un uovo fecondo,
un palloncino gonfio
pronto a prendere il volo.

Nel 2015 lo sguardo era più critico:

Gerusalemme, se si vuol, potrebbe anche essere Hollywood,
ma Cristo non è Clint Eastwood e la Pasqua non una fiction.
Il discepolo fa due passi a ritmo di passio,
ma poi esce di scena perché un poco stanco.
Anche Pilato nella pausa mangia un gelato,
al barista chiede di Giuda, in paese tutti dicono sia scappato.
Povero Giuda, pensa Pilato, ne ha fatta una questione personale,
non una semplice parte da recitare.
La chiamano via crucis ma si potrebbe chiamare carnevale,
la ripetono ogni anno aggiungendo qualche effetto speciale,
il tizio crocifisso quest'anno ha corso un bel rischio...
Bisogna ammetterlo, lo spettacolo è stato veramente fico.

Se non sconsolato:

Al mattino, non troppo presto,
scesi nel segreto del mio sepolcro e
constatai la presenza del Cristo morto.

Presi atto 'anche oggi non è risorto' e
mi feci coraggio 'attenderò un altro giorno'.

Rimisi la grande pietra al suo posto,
risalii ciabattando, accesi il bollitore,
tracciai lo spietato nero segno sul calendario,
perfettamente in fila, nuova riga e medesima colonna,
con un sorriso mesto, dopo il caffè, mi consegnai alla storia.

Poi un passaggio quasi poetico nel 2013:

A Gerusalemme il giorno di pasqua
apprese a sue spese Myriam la mamma,
serve acuire lo sguardo per percepire un'assenza.
Jeshua, Jeshua dov'è? Jeshua non c'è.

Oggi è una Donna,
nemmeno suo figlio la chiama più mamma,
ma lo sguardo è lo stesso
dal quel giorno osserva attento.
Il vino, il vino dov'è? Jeshua non c'è.

Fin dove si era spinto lo sguardo?
Sino alla Cena, l'ultima.
Sino alla Croce, l'unica.

Ora è seduta con pochi
a un tavolo sfatto,
tutti si sono alzati, ballano.
Tutto è compiuto,
il vino nuovo è stato servito,
due lacrime le segnano il viso.

e in conclusione un appunto - a tratti provocatorio - del 2012:

Gli auguri pasquali di circostanza disturbano un poco anche il sottoscritto, li accetto, li ricambio (non sempre!) senza troppa enfasi e mi chiedo: quale significato verrà attribuito da chi mi sta di fronte all'augurio? Cosa significa il suo augurarmi buona Pasqua?
Faccio questi ragionamenti e penso che in fondo, se questi auguri "sono parole inabitate, svaporate" ci sia un poco di responsabilità anche da parte di chi crede. La Pasqua è una festa religiosa e in quanto tale dovrebbe coinvolgere solo chi crede e non essere festa nazionale, così facendo la si svilisce, si riduce la religione a galateo -come dice don Domenico Sigalini-. La religione va oltre, molto oltre il rito, talvolta i credenti moltiplicano il rito, gonfiano il rito (ho visto via crucis spettacolari), alzano il volume degli altoparlanti delle processioni come a dire ci siamo. Alla messa aggiungono il lauto pranzo, come se non bastasse il banchetto eucaristico. Mi sembra che tutto questo sia una cattiva testimonianza, chi non crede vede questo e non coglie in noi nulla di speciale. Se non ricambio gli auguri di Pasqua non abbiatene a male, sono sempre stato un po' asociale, allergico a banchetti e feste e peggio ancora astemio. Ale.







Commenti

Post popolari in questo blog

Non disturbare, sto giocando

Le cose belle ai tempi del nemico invisibile

Ritorno fra i banchi